Project Description

La prima proposta da condividere con tutti Voi di questa nuova avventura di Gorizia Futura è quella della modifica del piano regolatore per inserire norme più stringenti all’insediamento vicino alle case, scuole, asili ecc. delle così dette industrie insalubri e degli impianti di trattamento rifiuti pericolosi.

Avrete certamente seguito la vicenda delle petizioni popolari, tra cui quella delle industrie insalubri e che purtroppo il comune di Gorizia pare non voler recepire o comunque rinviarne la trattazione.

La petizione sulle industrie insalubri mi sta molto a cuore, uno perché per scriverla ci sono volute ore e ore di studio, di ricerche e sopratutto di condivisione con gli amici del comitato NobiomasseGo, due perché ritengo sia il punto di arrivo di un percorso per trovare una possibile soluzione alla continua svendita del territorio goriziano e all’insediamento incontrollato all’interno del tessuto urbano di industrie e centrali che poco o nulla hanno a che fare con il benessere dei cittadini e che a questi non portano alcun beneficio.

Il nostro progetto di Gorizia Futura si basa su in idea di sviluppo diversa, sviluppo fondato sulla green economy, l’economia circolare e l’utilizzo delle risorse locali, quindi questo tipo di insediamenti sicuramente non vanno nella direzione da noi auspicata.

L’idea che qualsiasi attività porti un seppur minimo ritorno economico (tutto da valutare) alla città, a discapito di qualsiasi altra cosa è un idea sbagliata e che può portare ad un inesorabile e purtroppo già in atto depauperamento dell’intero territorio goriziano.

La proposta quindi è di ripensare i vincoli per l’insediamento di alcuni tipi di industrie, cosa che già fa il piano della zona industriale di S. Andrea (anche se c’è qualcuno che non ve lo dice per far sembrare questa proposta inammissibile da un punto di vista normativo).

Nel dettaglio si richiede che le industrie insalubri di prima classe che sono le più inquinanti siano vietate a Gorizia in quanto il suo territorio risulta già essere abbondantemente urbanizzato e non ci sono aree o zone distanti abbastanza per garantire una completa sicurezza da un punto di vista ambientale e dei rischi sulla salute, la normativa stessa impone infatti che questi insediamenti siano realizzati in aperta campagna. Tanto per farvi un idea questo è l’elenco delle industrie insalubri di prima classe:

1. Allevamento di animali
2. Stalla sosta per il bestiame
3. Mercati di bestiame
4. Allevamento di larve ed altre esche per la pesca
5. Autocisterne, fusti ed altri contenitori; lavaggio della capacità interna;
rigenerazione
6. Carpenterie, carrozzerie, martellerie
7. Centrali termoelettriche
8. Concerie
9. Deposito e demolizione di autoveicoli ed altre apparecchiature elettromeccaniche e
loro parti fuori uso (e recupero materiali)
10. Distillerie
11. Filande
12. Galvanotecnica, galvanoplastica, galvanostesia
13. Impianti e laboratori nucleari: impianti nucleari di potenza e di ricerca; impianti
per il trattamento dei combustibili nucleari; impianti per la preparazione,
fabbricazione di materie fissili e combustibili nucleari; laboratori ad alto livello di
attività
14. Inceneritori
15. Industrie chimiche: produzioni anche per via petrolchimica non considerate nelle
altre voci
16. Liofilizzazione di sostanze alimentari, animali e vegetali
17. Macelli, inclusa la scuoiatura e la spennatura
18. Motori a scoppio: prova dei motori
19. Petrolio: raffinerie
20. Salumifici con macellazione
21. Scuderie, maneggi
22. Smerigliatura, sabbiatura
23. Stazioni di disinfestazione
24. Tipografie con rotative
25. Verniciatura a fuoco e con vernici a solvente organico
26. Verniciatura elettrostatica con vernice a polvere
27. Zincatura per immersione in bagno fuso
28. Zuccherifici, raffinazione dello zucchero

Per le industrie insalubri di seconda classe invece chiesta una distanza di sicurezza da zone sensibili come le aree abitate o le aree di carattere storico/ambientale, stesso tipo di limitazione viene richiesta agli impianti di trattamento dei rifiuti pericolosi.

Già il solo fatto che la norma identifichi come “insalubri” e “pericolose” alcuni tipi di attività o prodotti dovrebbe immediatamente far capire che debba assolutamente esistere un qualche tipo di separazione tra la normale attività umana e questo tipo di insediamenti.

E’ vero che il progresso tecnologico ha portato ad avere dei dispositivi e sistemi di sicurezza tali da garantire la convivenza di alcune di queste attività anche nei pressi di aree abitative ma va comunque ricordato che tale sicurezza vale solamente nella presenza continuativa ed efficace di tali dispositivi, quindi un grosso problema da valutare è chi garantisce l’integrità di questi sistemi? Il principio di precauzione vorrebbe quindi che dove è possibile si elimini del tutto la possibilità di rischio. Ricordiamo infatti che anche le centrali nucleari se tutti i sistemi di sicurezza funzionano e sono efficienti non succede nulla, ma tutti ricordiamo le varie catastrofi in giro per il mondo, ora non voglio arrivare a tanto, ma il problema del controllo della sicurezza esiste ed esiste sopratutto in Italia dove i crimini ambientali sono in continuo aumento, il business dell’ecomafia nel 2019 ha raggiunto quota 16,6 miliardi di euro.

Si tratta quindi di ripensare al tipo di economia e sviluppo che si vuole dare a questa città investendo nelle nuove tecnologie amiche dell’ambiente, non volendo comunque penalizzare quel tipo di industrie tipiche del tessuto artigianale locale di cui molte si ritrovano nell’elenco delle industrie insalubri di seconda classe e per le quali viene chiesta solo qualche attenzione in più, come appunto un limite di distanza. di seguito l’elenco delle industrie insalubri di seconda classe:

1. Calderai
2. Candeggio
3. Cantine industriali
4. Decaffeinizzazione
5. Falegnamerie
6. Fonderie di seconda fusione
7. Friggitorie
8. Impianti e laboratori nucleari: laboratori a medio e basso livello di attività
9. Lavanderie a secco
10. Macinazione, altre lavorazioni della industria molitoria dei cereali
11. Officine per la lavorazione dei metalli: lavorazioni non considerate in altre voci
12. Salumifici senza macellazione
13. Stazioni di disinfezione
14. Stazioni di servizio per automezzi e motocicli
15. Tinture di fibre con prodotti che non ricadono in altre voci
16. Tipografie senza rotative
17. Vetrerie artistiche

Alcuni hanno sollevato, sopratutto chi sta remando contro la petizione, il problema delle industrie esistenti, approfitto per rassicurare che non si può con una norma di piano far chiudere un industria esistente, ma se ne può limitare l’insediamento di quelle future, tanto per rispondere ai detrattori.

di seguito vi lascio la petizione presentata a gennaio in comune con la speranza che in un futuro possa essere accolta.